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Opportunities Seized, Opportunities Missed. Ten years in the European Union


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Mappa dell'Europa nel 2004 


Opportunities Seized, Opportunities Missed 
Ten years in the European Union
- House of Hungarians, Budapest -

PANEL
The historical justification of EU membership in Central Europe. Returning home, abandoning a dead-end or a genuinely new development? Has the big-bang enlargement of 2004 lived up to its public and political expectations, has it delivered on its historical mission? 


REMARKS di Franco Frattini
Signore e signori, credo che la riflessione di oggi, e ringrazio il governo ungherese per averla promossa ad un così alto livello, sia estremamente utile, non soltanto per guardare al passato, ma per fare un bilancio sull'Unione dopo 10 anni da quel Big Bang del 2004 che ha consentito di riunificare l'Europa. 

Ricordo che nel 2003, durante il semestre italiano di Presidenza dell'Unione Europea, i colleghi Ministri degli Esteri che rappresentavano i futuri nuovi Membri dell'Unione erano intorno al nostro tavolo di lavoro, partecipavano già regolarmente alle riunioni - ad esempio della Conferenza intergovernativa per il nuovo Trattato Costituzionale per l'Unione Europea. Ho avuto l'onore di presiedere quella conferenza come Ministro degli Esteri italiano, e ricordo i contributi dei colleghi dell'Ungheria della Polonia, dei paesi baltici, di tutti quanti coloro che si apprestavano pochi mesi dopo ad entrare formalmente a pieno titolo nella nostra grande famiglia. Nessuno vedeva nella qualità e nell'autorevolezza del contributo portato al tavolo dei lavori una differenza tra “la vecchia Europa” - e uso le virgolette - e “la nuova Europa”. 

La verità, cari amici, è che tutti i paesi che nel 2004, esattamente 10 anni fa, sono diventati a pieno titolo membri della nostra grande famiglia, erano già europei: per la loro storia, cultura, tradizioni. E solo la divisione del mondo in due blocchi li aveva tenuti separati dalla casa naturale, la casa dell'Europa. Ecco perché io non amo parlare di allargamento ma della riunificazione del nostro continente. Una riunificazione che non fu geografica, perché ad esempio un Paese come l'Ungheria è sempre stato e sempre sarà profondamente, geograficamente, culturalmente, storicamente europeo: fu una riunificazione istituzionale. 

Il grande percorso di integrazione dell'Unione Europea non poteva neanche lontanamente dirsi completato senza quella grande tappa della riunificazione. Il mio Paese ha da sempre creduto nell'importanza di superare muri, barriere, e di ricongiungerci finalmente in quel grande obiettivo comune che è l'Unione Europea. Alla luce dei risultati che sono stati conseguiti, quella riunificazione dell'Europa è stata una grande tappa che ha portato grandi benefici a tutti noi. E voglio dire con grande chiarezza che il percorso di riunificazione non deve e non può fermarsi. 

Ho accompagnato, da Vice Presidente della Commissione Europea, l'adesione della Romania della Bulgaria, ho seguito capitoli negoziali estremamente importanti per la Croazia, che poi è arrivata nella casa comune lo scorso anno, e credo con assoluta convinzione che il percorso di riunificazione dell'Europa non debba fermarsi qui, ma debba proseguire nella regione dei Balcani occidentali dove si respira la Storia dell'Europa. Pensiamo a Belgrado, pensiamo a Sarajevo, e pensiamo certamente a popoli che si sentono già ora vicini alla famiglia europea e che aspirano ad essere un giorno - e hanno ragione - membri a pieno diritto di questa grande famiglia. 

Il percorso d’integrazione europea e la straordinaria tappa della riunificazione del 2004, ha arricchito gli ideali che i padri fondatori dell'Europa, da de Gasperi ad Adenauer, da Schumann ad Altiero Spinelli a Jean Monnet, avevano tracciato molti decenni. In particolare, la stabilità, la prosperità e la pace. Ebbene, non vi è dubbio che dopo la caduta del muro di Berlino il percorso che ha portato all'adesione dei Paesi dell'est Europa certamente ha dato fondamentale impulso alla pacificazione, alla stabilità, ed ha costituito la calamita che ha permesso di stabilizzare aree importanti vicine ai confini dell'Europa, che soltanto vent'anni fa sembravano in preda ad una disgregazione inarrestabile, a nazionalismi e a scontri etnici terribili, e che invece oggi sono irreversibilmente indirizzate verso la famiglia europea. 

Mi riferisco appunto alla regione dei Balcani occidentali per i quali l'Unione Europea, il vostro esempio, di voi Paesi più vicini, com’è vicina l'Italia, geograficamente, hanno saputo esercitare come ruolo di attrazione, di calamita, di magnete, per sconfiggere le pulsioni più estremiste, le pulsioni più nazionaliste. Questo è già un grande risultato politico, ma non è il solo. Il contributo dei nuovi Paesi membri dal 2004 ad oggi è un contributo importante anche per arricchire le potenzialità dell'Europa dal punto di vista dell'economia, dello sviluppo, delle infrastrutture. 

Il vostro contributo è essenziale per l'elaborazione – finalmente, lo spero - anche di una politica comune europea sull'energia, di cui oggi si sente particolarmente il bisogno, in un momento in cui le relazioni con la Russia si sono fatte più complesse e più critiche. È un momento in cui penso sia interesse comune dell'Unione Europea, di tutta l'Unione Europea, da un lato rafforzare la nostra strategia comune per la sicurezza energetica, dall'altro lavorare con determinazione per abbassare la tensione, per evitare di ricostruire muri ed ostacoli ad Est, e ricadere in un'atmosfera devastante da nuova Guerra Fredda. 

Ho avuto l'onore da Vice Presidente della Commissione europea di guidare, coordinando il relativo dossier, il percorso di allargamento dello spazio Schengen. Abbiamo riconosciuto ai cittadini di un'Europa assai vasta, quel diritto di libera circolazione all'interno dei confini comuni che è forse una delle più grandi espressioni della libertà della persona. E ricordo con qualche emozione quando, a dicembre del 2007, in alcuni casi da solo o in altri casi accompagnando il Presidente Barroso, ci recammo ad alcuni posti di frontiera, dove fino a 20 anni prima c'erano persone che si sparavano l'uno contro l'altro, e abbiamo aperto quelle frontiere, dove persone commosse potevano finalmente passare da un lato all'altro in piena libertà ed in piena sicurezza. Frontiere tra la Polonia e la Germania, frontiere marittime sul mare Baltico, o quel muro che divideva in due una città del mio Paese, la città di Gorizia, dalla parte di Nova Gorica in Slovenia. Quella sera di dicembre del 2007, molti ricordavano quando attraverso quel muro si cercava di scappare dalla Jugoslavia verso l'Italia.

Tutti questi risultati noi tendiamo a darli per scontati. Ed è sbagliato. Perché dovremmo ricordare che cosa era l'Europa senza questa grande famiglia riunificata, che cosa era l'Europa senza il diritto di libera circolazione, senza un mercato comune che ha abbattuto gli ostacoli doganali, e certamente dovremmo pensare a quale sarebbe il costo per cittadini ed imprese di avere meno Europa, di avere meno integrazione europea. Sarebbe un costo molto elevato. E questo bisogna dirlo con chiarezza a tutti coloro che fanno del populismo, dell'antieuropeismo, uno slogan per incitare le paure recondite dei cittadini in un difficile momento di uscita dalla drammatica crisi economica globale. 

La riunificazione dell'Europa ha portato certamente più ricchezza e più benessere a tutti noi. A me italiano della vecchia Europa, a voi amici ungheresi che avete una storia ed una cultura anch'essa antica e secolare, ma che soltanto dieci anni avevate ancora l'obbligo di esibire il passaporto alle frontiere per attraversarle. 

Voi amici dell'Europa centrale ed orientale avete fatto sacrifici, avete rispettato le regole, avete seguito i parametri che l'Unione Europea aveva indicato come condizioni per diventare membri a pieno diritto della nostra famiglia comune. Ma credo che quei risultati, quelle riforme, quei benefici ed anche quei sacrifici siano stati compiuti soprattutto nell'interesse dei vostri Popoli, non perché essi erano nell'interesse di una qualche burocrazia a Bruxelles. 

Questo credo debba essere il messaggio politico per il futuro della nostra integrazione europea; un messaggio di integrazione politica, non di prevalenza burocratica; un messaggio dove la sostanza dei diritti e delle aspirazioni dei Popoli prevalga sulle regole formali e sui principi formalistici; un futuro di integrazione politica dove non vi sia soltanto il principio della moneta unica per coloro che ce l'hanno o il principio del mercato unico che abbiamo invece tutti quanti, ma ci sia anche un futuro di integrazione politica per la sicurezza, per le grandi scelte della politica internazionale. Spero di non vedere più un’Europa che è andata in ordine sparso all'inizio della crisi in Ucraina, ovvero dinanzi alle prospettive di una escalation di guerra in Siria, o persino sul tema del riconoscimento dello status palestinese alle Nazioni Unite o sulle prospettive di soluzione del negoziato tra Palestinesi e Israeliani. 

Io penso che il contributo della storia, delle sensibilità, delle tradizioni nazionali dei vostri Paesi, dei vostri Popoli, delle minoranze etnico-linguistiche siano tutti fattori di grande ricchezza. Lo dico da italiano che conosce minoranze linguistiche in Alto Adige o in Friuli Venezia Giulia, e che pensa che il rispetto delle minoranze, come la storia e le culture regionali e locali, in ciascuno dei nostri Paesi, sia un valore aggiunto che rende più forte l'Europa tutta intera. 

Per fare tutto questo, per continuare con un processo d’integrazione politica, occorre leadership politica, occorrono idee chiare e occorre una visione. E permettetemi ancora una volta qui di ricordare un padre fondatore della nostra Europa, il mio grande compatriota, il Presidente De Gasperi e la sua famosa visione di uomo di Stato che guarda alle prossime generazioni, e non soltanto a vincere le prossime elezioni. 

Questa è la leadership lungimirante di cui abbiamo bisogno a poche settimane dalle elezioni europee, che potranno costituire un Parlamento condizionato fortemente da coloro che l'Europa non la vogliono, da coloro che pensano sia meglio la disgregazione e il ritorno ai nazionalismi, o invece - come spero - un Parlamento con una maggioranza che crede nell'Europa, nelle sue prospettive di integrazione politica, che crede fermamente nel fatto che l'Europa sia l'opportunità e non il problema, che l'Europa debba essere più vicina alla gente e ai cittadini nella vita di tutti i giorni, e non debba limitarsi a dettare da Bruxelles regole complicate che nessuno capisce. 

Il vostro contributo è stato e sarà sempre più importante nell'aiutarci anche in questo: far crescere l'Europa cambiando l'Europa, cambiandola in meglio dall'interno, non contestandola in modo sterile dalle barricate. Facendo capire ai cittadini che è finita l'epoca dell'austerità cieca, del rigore senza risultati per la crescita e per lo sviluppo, ed è arrivato invece il momento del coraggio, degli investimenti, della sfida sulle giovani generazioni e sulle loro potenzialità. È arrivato il momento di pensare che siccome siamo tutti sulla stessa barca, è interesse di tutti che la barca sia rafforzata, non indebolita. 

Cari amici, nessun paese europeo neanche il più grande e il più forte tra noi è in grado di navigare da solo nell'oceano della globalizzazione delle opportunità, ma anche delle sfide e dei rischi. Solamente un'Europa politicamente integrata può vincere queste sfide. Ed ecco perché il vostro contributo nei prossimi vent'anni, trent'anni, quarant'anni, sarà un contributo di costruzione, un contributo in cui i vostri Paesi, i vostri Popoli sapranno arricchire giorno per giorno quello che i padri fondatori avevano indicato: la stabilità, la prosperità, la sicurezza, la pace. 

Questi sono tutti messaggi politici, non sono messaggi che possiamo affidare nelle mani di una leadership meramente burocratica, o nelle mani di manovre di palazzo, in cui un piccolo gruppo di persone si riunisce e decide quale sarà il futuro delle Istituzioni europee e chi ne saranno i Presidenti. Questo non è possibile. Il principio della pari dignità di tutti i membri dell'Unione Europea è un pilastro dell'Unione e guai a chi lo porrà in dubbio. 


 
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Pubblicato da Lucrezia Pagano il giorno 29.4.14. per la sezione , , , . Puoi essere aggiornato sui post, i commenti degli utenti e le risposte utilizzando il servizio di RSS 2.0. Scrivi un commento e partecipa anche tu alla discussione su questo tema.

1 commenti per "Opportunities Seized, Opportunities Missed. Ten years in the European Union"

  1. "BRUXELLES non deve dettare regole complicate che nessuno capisce" e questo ce lo auguriamo tutti ! e una Europa unita non potrà che darci sicurezza in tutti i sensi, con la speranza che le decisioni tutte vengono prese da persone tanto competenti quanto sensibili ai problemi reali di tutti i Paesi che ne fanno parte!
    Cordialmente Piera Castrianni

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