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Will NATO focus more on the South?


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Lietuvos rytas interviewed Franco Frattini


La NATO, anche se più volte chiamata organizzazione superata e inutile, è e sarà il garante della sicurezza europea. Tale è la convinzione di Franco Frattini, forse il futuro Segretario Generale dell’Alleanza. Il nome di F. Frattini è ben conosciuto in Europa. È un ex Ministro degli Affari Esteri italiano, ex Vicepresidente della Commissione ed ex Commissario per la giustizia, libertà e sicurezza. Inoltre, ex presidente della Commissione per l’intelligence del Parlamento Italiano.

Quindi non sorprende assolutamente il fatto che questo politico di 56 anni è considerato come uno dei candidati più seri per ricoprire il posto di Segretario Generale della NATO che si libera l’anno prossimo. E anche se alcuni esperti attribuiscono una valore piuttosto simbolico alla carica del Responsabile della NATO, le aspirazioni di ogni Segretario Generale dell’Alleanza sono state diverse.

Per es., l’aspirazione di Lord George Robertson, che aveva attivamente appoggiato la membership lituana in seno all’Alleanza, è stata quella di maggiori investimenti da parte della NATO nelle tecnologie moderne, nelle forze aeree, nella semplificazione dell’interazione militare dei vari paesi. Anders Rasmussen – tuttora in carica – è il sostenitore della smart defence. Frattini che si è recato in visita a Vilnius ha accettato di condividere la propria visione della NATO con Lietuvos rytas.

 A Vilnius Lei ha fatto una lezione “Alleanza Transatlantica ed Europa più forti: insieme per proteggere i cittadini”. Non è un titolo ironico nello sfondo dello scandalo di spionaggio dell’Agenzia per la sicurezza nazionale statunitense? 
Sì, a prima vista questo scandalo è stato un colpo forte ma allo stesso tempo ha dimostrato un’altra cosa: nonostante quello che è stato reso pubblico, la collaborazione tra i membri della Nato non si è interrotta. 

In sostanza, non è stato detto nulla di nuovo: sì, gli Stati conducono un’attività di spionaggio reciproco. Ma guardate: continuiamo a condividere le informazioni riservate o segrete, quindi tale episodio può non solo servire da lezione ma anche per rafforzare la collaborazione dei nostri servizi di intelligence.
Lei ha lavorato presso la Commissione Europea. In tale ambito si continua sempre a parlare della sicurezza europea. Perché la UE finora non utilizza le misure della Politica comune per la sicurezza stabilita ovvero i gruppi da combattimento? La Lituania ed alcuni altri Paesi si pronunciano per l’impiego di tali gruppi, altrimenti sarebbe uno spreco di denaro.

No, non è uno spreco di denaro ed abbiamo visto più volte come la UE può essere utile e lo è nelle missioni militari, per es. nei Balcani e in Mali.
Per quanto riguarda i gruppi da combattimento, spero che le dovute decisioni vengano prese già quest’anno, semplicemente alcuni Stati stanno indugiando in questo processo ed è difficile convincerli. 
Non vorrei fare degli elenchi però spero che il ghiaccio sia già stato rotto. È semplicemente evidente che in questi tempi sono più di attualità altri problemi, per esempio, quelli economici che sono considerati una priorità. 

La Sua candidatura viene valutata molto seriamente, quindi forse Lei è il futuro capo della NATO: come si sa, ogni funzionario che ha guidato l’Alleanza ha avuto la propria visione. Qual è la Sua visione della NATO? 
Negli ultimi 6 decenni la NATO ha svolto un lavoro fantastico nel proteggere i suoi membri. Gli articoli 4 e 5 dell’Accordo di Washington sono e saranno il garante della nostra sicurezza e la base della nostra politica di difesa.
Tuttavia il mondo è cambiato, si sono presentate nuove sfide, per esempio, la sicurezza cibernetica. Come e se, in generale, dobbiamo reagire ad un attacco cibernetico? Ritengo che dobbiamo reagire in modo adeguato.
Per ora i Paesi membri della NATO vi dedicano un’attenzione insufficiente e non sono pronti ad avere una debita reazione. Proprio per questo motivo è indispensabile rafforzare questo settore e il Centro per la sicurezza cibernetica di Tallinn, come anche il Centro per la sicurezza energetica di Vilnius. 
Tuttavia nel futuro ci aspettano sfide maggiori, e non solo militari. Nel Mediterraneo, nell’Africa settentrionale, può accadere che vi sia bisogno di intervenire non solo con misure militari ma anche con iniziative politiche. Per esempio, aiutare alcuni paesi nel periodo di transizione. Questo vale per l’Afghanistan dove la missione della NATO si conclude l’anno prossimo o per la Libia. 
Per me, in quanto italiano, è molto importante l’ultimo caso a causa di una situazione instabile ed a causa dei profughi. Cosa può succedere se li lasciamo soli? Purtroppo abbiamo già un esempio: la Somalia. Negli anni 80 la comunità internazionale ha abbandonato la Somalia e adesso stiamo pagando per questo un prezzo enorme.
La NATO deve ottimizzare le capacità in un periodo di difficoltà finanziarie. I Paesi dell’Alleanza riducono il bilancio per la difesa, quindi io invito ad aumentare il coordinamento per poter usufruire delle capacità disponibili in modo più efficace. L’esempio è l’Afghanistan. Lì avevamo molti aerei ma mancavano gli elicotteri.
Inoltre, dobbiamo avere una collaborazione più efficace con i paesi partners. La NATO non può fare il poliziotto del mondo ovunque, perciò è indispensabile poter contare su partners affidabili, per esempio, in Asia, sulla Correa del Sud e sul Giappone.

Vede qualche minaccia per la NATO? Nei Paesi Baltici si esprime sempre una preoccupazione maggiore per le capacità militari russe in aumento vicino ai loro confini occidentali. 
No, credo che non ci sia una minaccia diretta ma noi, certamente, stiamo osservando in continuazione ed osserveremo la situazione. A tale scopo è necessario garantire le capacità, organizzare le esercitazioni, come ad es. quelle che si sono concluse di recente: Steadfast Jazz.
Non possiamo essere presenti allo stesso tempo in vari luoghi, ed è proprio per questo che dobbiamo rimanere non solo vigili ma anche mobili. E nonostante tale realtà, i bilanci per la difesa e le capacità militari vengono ridotti. 
Dobbiamo agire in modo intelligente e reagire laddove c’è una crisi evidente. E tale è il caso adesso della sponda sud del Mediterraneo.
Chi poteva sapere come sarebbe andata a finire la primavera araba? In questa situazione dobbiamo reagire agli attacchi degli islamisti in Mali ed in Libia. Attualmente questa è la vera minaccia.
La sostanza della nostra politica di dissuasione è il fattore prezzo. Qualsiasi avversario potenziale deve capire che il prezzo che dovrà pagare in caso di attacco contro un membro della NATO sarebbe troppo elevato.
E se, per esempio, i terroristi non hanno paura delle nostre misure tradizionali di dissuasione, allora la risposta deve essere analoga: dobbiamo affrontare alla radice tali problemi.







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Pubblicato da Lucrezia Pagano il giorno 12.12.13. per la sezione , , , , . Puoi essere aggiornato sui post, i commenti degli utenti e le risposte utilizzando il servizio di RSS 2.0. Scrivi un commento e partecipa anche tu alla discussione su questo tema.

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